Dirty Dancing.

Chi ama ballare avrà già visto questo film un centinaio di volte e probabilmente, dopo avere letto questa recensione, tornerà a vederlo una volta di più. Chi invece si astiene non potrà comunque non trovare piacevole questa pellicola del 1987 che nonostante i suoi anni non smette mai di farsi guardare.

Emile Ardolino ambienta Dirty Dancing nei primi anni ’60. La famiglia Houseman è in vacanza presso un villaggio turistico nelle Catskill Mountains. La secondogenita Frances, detta “Baby”, è la prediletta di papà Jake: semplice, colta, sensibile e studiosa, è la figlia che tutti vorrebbero avere. Nel cosiddetto lato B del villaggio però – quello dove alloggia il personale dell’albergo – si nasconde la tentazione. Johnny Castle è l’insegnante di ballo del villaggio; insieme a lui, tutte le sere, si scatenano in veri e propri balli proibiti i compagni di lavoro. “Baby” rimane affascinata da Johnny e dal suo mondo. Attraverso lui scoprirà la danza e l’amore e soprattutto crescerà grazie anche a una piccola crisi familiare che verrà risolta verso la fine del film.

In Dirty Dancing a farla da padrone sono le scatenate coreografie e le musiche travolgenti (“I’ve Had The Time Of My Life”, brano portante di una colonna sonora che tutti conoscono, vinse l’Oscar e il Golden Globe). Anche i due interpreti principali, Patrick Swayze e Jennifer Grey, giocano un ruolo importante nel successo del film. Lui, con il fisico che fece sognare milioni di adolescenti e lei, brutto anatroccolo che si trasforma in cigno a passi di danza.

E’ ormai un’icona il ballo che chiude il film con il salto di Jennifer Grey. Nonché la battuta di Johnny Castle al padre della sua innamorata: “Nessuno può mettere Baby in un angolo”. Che dire: davvero nessuno può mettere in un angolo questo film.

By Luisa Scarlata