Il bacio che aspettavo.

“Il bacio che aspettavo” non è certamente il film che ci aspettavamo. Controindicazioni del titolo tradotto in italiano, purtroppo. E di una locandina alla O.C., forse per rendere omaggio al protagonista maschile (Adam Brody), ma decisamente a scapito del film. L’esordiente Jon Kasdan (figlio del più celebre padre Lawrence), racconta una storia intimista dove Carter, unico uomo di un film fatto tutto di donne, si trova appunto totalmente immerso in un universo di psicologia femminile proprio per sfuggire alla delusione dovuta a un’altra donna che ha deciso di lasciarlo.

Carter abbandona la caotica Los Angeles e si rifugia in Michigan dalla nonna depressa e lamentosa. Qui entra in contatto con la famiglia di dirimpettai, madre (Meg Ryan) e figlie (Kristen Stewart, Mackenzie Vega) al completo. Diventando il fulcro delle loro vite.

In “Il bacio che aspettavo” il tentativo di Jon Kasdan è di tracciare il profilo psicologico di quattro generazioni di donne e il loro rapporto con i sentimenti, l’amore, la vita, gli uomini. Utilizzando come loro specchio proprio un uomo. Allo stesso tempo anche il giovane Carter, ancora immaturo, trae giovamento da questa “full immersion” al femminile e ne esce certamente cresciuto e pronto ad affrontare la vita con maggiori sicurezze.

“Il bacio che aspettavo” non è dunque affatto un film di amori adolescenziali, piuttosto un film delicato che ha forse il difetto di rimanere in certi momenti come sospeso e in altri poco credibile (Adam Brody, seppur talentuoso, deve ancora scrollarsi di dosso quell’apparenza di ragazzetto un tantino troppo imbranato). Ciò non toglie la gradevolezza di un film che anche se non può definirsi memorabile, si lascia certamente guardare con piacere. Chi l’ha detto che è poco?

Luisa Scarlata