Rachel sta per sposarsi.

Vi andrebbe di essere invitati ad un matrimonio con tanto di intensissima preparazione pre-cerimonia della durata di qualche giorno? Se la vostra risposta è sì, allora benvenuti in Rachel sta per sposarsi.

Attenti però, perché in questo caso si è invitati sul serio: con tutte le rotture di scatole che la situazione comporta (provate a pensare un attimo ad uno dei matrimoni a cui siete stati di recente e moltiplicate per mille): drammi, sentimentalismi e invidie di ogni genere, parenti che ad uno ad uno (e soprattutto tutti ma proprio tutti) fanno il discorsetto di auguri, baci, bacetti e abbracci fino alla nausea, prove di vestiti, musiche e assegnazioni di posti fino allo sfinimento e così via. Vi è già venuta la nausea?

Certo che sì, ed è proprio questo il problema di “Rachel sta per sposarsi”: il suo voler essere così vero e così realistico e iper-descrittivo e teatrale. Ma perché? A quale scopo non usare le meravigliose tecniche che la narrazione cinematografica, al contrario di quella reale, consente? Perché annoiarci con sequenze lunghissime che descrivono ogni situazione fin nelle sue meno interessanti minuzie?

Peccato perché bisogna aggiungere che, seppur non originalissima, la storia c’era. Il matrimonio all’interno di una grande famiglia che vive nel Connecticut, il ritorno per l’occasione della figlia tossicodipendente che da piccola ha causato, per colpa delle sue condizioni, la morte del fratellino minore.

Se vogliamo trovare un punto a favore in “Rachel sta per sposarsi” questo è certamente l’ottima interpretazione di Anne Hathaway nonché il ritorno della grandissima Debra Winger.

Luisa Scarlata